Le concessionarie di pubblicità sono il ramo delle case editrici o società ad esse correlate, che si occupano di raccogliere la pubblicità per poi pubblicare le campagne sui vari canali che il panorama attuale offre, siano giornali o canali on line. Sono realtà economiche presenti ormai da vari decenni, consolidate ed alcune di grandi dimensioni, ma questo non le ha rese immuni dagli effetti della contingenza economica che tutti stiamo vivendo, dalle aziende multinazionali alle famiglie. L’attuale crisi economica ha portato con se la gravissima problematica della mancanza di liquidità che, se per le famiglie si è palesata con una contrattura della spese, per le aziende nel drastico taglio dei budget di spesa.
Sicuramente una voce importante del budget delle aziende è sempre stata quella dedicata alle spese per le campagne pubblicitarie ma, negli ultimi anni, loro malgrado, hanno iniziato a dover apportare dei drastici tagli. In un momento nel quale si deve fare i conti con la mancanza di liquidità, questa viene riservata alle spese fondamentali per il proseguo dell’attività aziendale e, la pubblicità, anche se importante, non può essere annoverata in questa tipologia.
Di conseguenza le concessionarie pubblicità, sia quelle piccole che quelle strettamente correlate alle più grandi testate giornalistiche o televisive, hanno assistito ad un’ingente riduzione del loro giro d’affari. Bisognava trovare una soluzione che potesse essere il punto di incontro fra l’esigenza delle aziende di non avere esborsi di denaro, e quella delle concessionarie di mantenere il proprio giro d’affari. La soluzione è stata trovata, anche se, sicuramente, non si può dire inventata, anzi, essendo che altro non si è fatto che rendere attuale la più vecchia pratica di scambi commerciali: il baratto.
Ovviamente per svecchiarla andava dato un nome più attuale, infatti viene chiamato scambio merce pubblicitario, ma nella sostanza è rimasta quella di secoli fa.
Le aziende, di qualunque dimensione e senza limitazioni di settore merceologico, hanno così la possibilità di pagare per i servizi ricevuti per le proprie campagne pubblicitarie, non dovendo effettuare delle transazioni economiche ma dando in cambio le merci o i servizi che producono.
Con il cambio merce pubblicitario le aziende hanno potuto mantenere invariati i propri budget pubblicitari e, di conseguenza le concessionarie di pubblicità sono riuscite a mantenere o, al limite, ridurre in minima parte, il proprio giro d’affari.
Essendo che il baratto è una forma di transazione commerciale desueta, quindi impossibile dare in pagamento le merci ricevute, le concessionarie di pubblicità hanno dovuto trovare la maniera per monetizzarle.
I canali di vendita tradizionali non potevano essere adatti per le caratteristiche, non a livello di qualità, ma di prezzi, essendo che le merci che provengono dal cambio merce pubblicitario vengono cedute ai prezzi minimi di listino, quindi si sarebbe incorsi nella concorrenza sleale nei confronti dei negozi tradizionali che, mai, potrebbero applicare la medesima gamma di sconti. Sempre per la medesima motivazione, andava anche trovato il modo di limitare il numero dei possibili acquirenti. Da questa esigenza sono nati gli shopping club, siano essi dislocati sul territorio od on line, ai quali può accedere solo chi è in possesso di una tessera, si è iscritto ad un sito oppure ha ricevuto un invito a partecipare ad una vendita. In questi club che, a parte le limitazioni per quanto concerne il numero degli utenti che vi possono accedere, sono veri e propri negozi, vengono poste in vendita tutte le merci ed i servizi provenienti dal cambio merce pubblicitario.
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